Decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione, se il creditore non attiva la mediazione il decreto è revocato (Sezioni Unite n. 19596/2020)
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a controversie soggette a mediazione obbligatoria, una volta decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione grava sulla parte opposta; con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell’opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.
E’ questo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza 18 settembre 2020, n. 19596.
Con l’ordinanza interlocutoria 18741/2019 la Terza Sezione della Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite la soluzione della questione di massima di particolare importanza relativa all’individuazione della parte processuale tenuta a promuovere la procedura di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
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La normativa
Ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 29/2010, “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione” disciplinato dal medesimo d.lgs. o uno degli altri sistemi di risoluzione stragiudiziale previsti dalle normative di settore.
L’esperimento della procedura di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il comma 4 dell’art. 5 stabilisce che le precedenti disposizioni riguardanti la mediazione obbligatoria “non si applicano [fra gli altri]: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.
L’esclusione del procedimento monitorio dall’obbligo della mediazione preventiva è giustificato dal fatto che siamo di fronte a un “accertamento sommario con prevalente funzione esecutiva”, un procedimento cioè caratterizzato da un contraddittorio differito, che mira a consentire al creditore di costituirsi rapidamente un titolo esecutivo.
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, tuttavia, nessuna disposizione individua chiaramente chi, tra debitore opponente o creditore opposto, sia la parte su cui grava l’onere di promuovere la mediazione.
L’ordinanza interlocutoria
Fin dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 28/2010, la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate su quale fosse la parte processuale gravata dall’onere di promuovere la mediazione: il creditore opposto – originario ricorrente in sede monitoria – oppure il debitore opponente?
Con la sentenza n. 24629/2015, la Corte di cassazione diede una prima risposta: l’onere di proporre la mediazione grava sul debitore opponente, in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, dal momento che in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto ingiuntivo acquista esecutorietà e diventa definitivo.
La soluzione offerta dalla Corte di cassazione nel 2015, tuttavia, non ha posto fine al dibattito e alle incertezze interpretative, dato che soprattutto nella giurisprudenza di merito si sono registrate numerose pronunce in aperto contrato con l’interpretazione dei giudici di legittimità.
Nell’ordinanza interlocutoria sopra ricordata, la Terza Sezione sottolinea come ambedue le contrapposte tesi – quella secondo cui l’onere graverebbe sul debitore opponente e quella secondo cui l’onere farebbe invece carico al creditore opposto – siano “assistite da valide ragioni tecniche e appai[a]no essere proiezione di diversi principi”.
La tesi seguita dalla sentenza n. 24629/2015 si basa sull’idea che, essendo l’opponente il soggetto interessato a proporre il giudizio di opposizione, è su di lui che deve gravare l’onere di promuoverla.
La soluzione contraria, invece, si fonda sull’assunto per cui l’accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 Cost.
Tenuto conto della vastità del contenzioso interessato dalla mediazione (che comprende, fra le altre, materie quali il condominio, i diritti reali, le successioni ereditarie, le locazioni, il risarcimento danni da sinistri stradali, da responsabilità medica e da diffamazione, assicurazioni, contratti bancari e finanziari ecc. ) e dell’ampia diffusione della procedura monitoria nella prassi giudiziaria, la Terza Sezione ha ritenuto necessario richiedere l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.
La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite ritengono che la soluzione offerta dalla sentenza n. 24629/2015 non sia appagante per una serie di ragioni di carattere testuale, logico e sistematico:
l’istanza di mediazione deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa (art. 4, c. 2). E’ naturale che sia l’attore, cioè chi assume l’iniziativa processuale, a dover chiarire l’oggetto e le ragioni della pretesa; sarebbe invece illogico pretendere che sia l’opponente, cioè il debitore, a dover precisare oggetto e ragioni di una pretesa “non sua”;
l’art. 5, comma 1-bis, laddove stabilisce che “chi intende esercitare in giudizio un’azione” deve promuove la mediazione non può che alludere alla posizione di colui che è il c.d. “attore sostanziale” nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: vale a dire il creditore opponente;
la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e ha un effetto impeditivo della decadenza per una sola volta (art. 5, comma 6). Sarebbe illogico che l’effetto di interruzione della prescrizione fosse conseguenza dell’iniziativa assunta dalla parte contraria a farla valere (il debitore opponente) e non dal creditore;
la tesi seguita dalla sentenza n. 24629/2015 si pone in contrapposizione con l’orientamento della Corte costituzionale (fra queste cfr. sentenza n. 98/2014), secondo la quale le forme di giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri sono legittime solo in presenza di certi limiti e sono invece illegittime le norme che fanno derivare la decadenza dell’azione giudiziaria dal mancato esperimento di rimedi amministrativi;
un ulteriore argomento si fonda sulla considerazione delle diverse conseguenze che si verificano in caso di inerzia delle parti secondo l’una o l’altra tesi: se l’onere è a carico dell’opponente e questi non si attivi, l’opposizione sarà dichiarata improcedibile e il decreto diverrà irrevocabile; quindi ci sarà un risultato definitivo (irrevocabilità); se invece l’onere è a carico dell’opposto, la sua inerzia causerà sì l’improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedirà di riproporre la domanda; quindi ci sarà un effetto solo provvisorio, senza alcuna preclusione (il creditore “non perde nulla”).
Il principio di diritto
In conclusione, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto:
“Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.
Fonte altalex.com