La VI Sezione civile della Cassazione si è pronunciata (con la sentenza n. 8290/2016 pubblicata il 27.4.2016) su un principio giuridico ovvio, ma, proprio per questo, solo raramente espresso dalla giurisprudenza, affermando che “un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell’onere probatorio”. Ciò “nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza”.
Quest’ultimo accenno consente di percepire come questa conclusione sia in realtà frutto dell’applicazione di due principi fondamentali dal processo civile. Da un lato quello, già richiamato, per cui le dichiarazioni di una parte del processo non hanno valore di prova a sua favore e dall’altro quello, introdotto dalla novella che ha modificato il primo comma dell’art. 115 c.p.c. (all’art. 45, comma 14, della l. 18 giugno 2009, n. 69), secondo il quale ciascuna parte ha l’onere di contestare “specificamente” (nella propria prima difesa utile) i fatti allegati dall’altra, se vuol evitare che essi debbano ritenersi “non contestati” e, dunque, provati perché incontroversi. La combinazione di queste due regole giuridiche fa sì che, in realtà, anche le dichiarazioni di una parte possano far prova a suo favore, qualora non vengano contestate dall’altra con le anzidette modalità, mentre, per effetto di una specifica e tempestiva contestazione, perdono qualsiasi valore probatorio.
La sentenza n. 8290/2016 cita alcuni precedenti (Cass. civ. nn. 9685/2000 e 5573/1997) che hanno affermato il medesimo principio, adattandolo tuttavia alla struttura del procedimento monitorio, nella cui fase sommaria alcuni documenti formati dalla parte interessata (quali le scritture contabili indicate dall’art. 634 c.p.c. e quindi le fatture ivi annotate) acquistano un valore probatorio che tuttavia essi non possiedono invece nella eventuale causa di opposizione promossa dal debitore che contesti il credito dell’opposto. In proposito i predetti precedenti giurisprudenziali affermano, infatti, che nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo, quando il credito azionato in sede monitoria sia in contestazione fra le parti, “la fattura non è idonea a fornire, in favore della parte che l’abbia emessa, la prova dei fatti che vi ha dichiarato”.
Di seguito alcune Delibere Corecom che applicano suddetto principio in merito alle schermate depositate dagli operatori al fine di provare apoditticamente i propri assunti: