È possibile cancellare un pignoramento immobiliare?

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Alcune circostanze come la perdita del lavoro possono metterci nelle condizioni di contrarre dei debiti verso banche o verso terzi e di non esserli più in grado di saldare.

Nel caso in cui si fosse chiesto un finanziamento e si dimostrasse, nel tempo, di non essere in grado di pagare il debito si rischierebbe di perdere la casa.

In questi casi si può incorrere in un pignoramento immobiliare.

Il pignoramento immobiliare è una pratica più che consolidata quando si parla di finanziamenti o mutui, soprattutto nel caso in cui si fosse utilizzata la proprietà immobiliare a garanzia del prestito.

Ma, nonostante al momento della sottoscrizione del finanziamento si sia perfettamente a conoscenza di questa possibilità, il pignoramento si ritiene sempre un avvenimento remoto che non si è quasi mai preparati ad affrontare.

 

 

Cos’è un pignoramento immobiliare?

Il pignoramento è una procedura macchinosa e complessa tramite la quale il creditore richiede l’espropriazione immobiliare del bene immobile del debitore e lo vende all’asta per recuperare la somma – o almeno una parte – dovuta. Tutto il procedimento è gestito da un Giudice dell’Esecuzione, quindi sotto il controllo del Tribunale competente (del luogo dove il bene immobile è situato), ed è affidato ad un Professionista Delegato che ne cura tutti gli adempimenti e svolge tutti gli atti necessari. Il pignoramento è sempre fondato su un “titolo” (sentenza, decreto ingiuntivo) che deve essere reso idoneo all’esecuzione; dopo tale idoneità, il titolo diviene “titolo esecutivo”.

È, purtroppo, un evento molto sgradevole e difficile da gestire ma ci sono diversi casi in cui affidandosi al giusto professionista si possono raggiungere risultati più vantaggiosi per il debitore.

Viene quindi da chiedersi “è possibile cancellare un pignoramento?” Vediamolo insieme.

 

Come cancellare un pignoramento?

Solitamente il pignoramento scatta come conseguenza di un debito non saldato dopo il fallimento sia della rateizzazione sia del versamento in un’unica soluzione. Come “ultima spiaggia”, scatta il pignoramento, che può essere cancellato mediante tre opzioni:

  • la prima, e più ovvia, vede il pagamento del debito;
  • la seconda passa attraverso la stipula di un secondo accordo con il creditore;
  • la terza prevede l’opposizione al pignoramento mediante autorizzazione del giudice.

Senza considerare la prima via, la cui impossibilità di realizzazione è quasi sempre la causa dell’attivazione del pignoramento, anche nel corso della procedura esecutiva immobiliare è possibile raggiungere un accordo con i creditori, e valutare nuove modalità di pagamento con un’eventuale riduzione della somma finale, una possibile riduzione della cifra delle rate o un allungamento delle tempistiche. Nel caso in cui si riuscisse a sottoscrivere un nuovo accordo il creditore potrà revocare il pignoramento;

Anche i creditori saranno sicuramente lieti di un accordo extragiudiziale poiché i costi e i tempi della procedura esecutiva spesso possono essere molto lunghi.

L’accordo, che si chiama transattivo, viene stipulato dagli avvocati degli interessati che hanno libertà sul contenuto e sostanzialmente prevedono che vi sia l’impegno da parte del debitore a pagare l’importo dovuto.

Questo accordo deve poi essere firmato da tutte le parti (se vi sono più creditori ognuno di questi deve sottoscriverlo).

Il tipo più frequente di accordo transattivo è il saldo e lo stralcio.

NB: durante le trattative l’esecuzione del pignoramento non è sospesa, dunque non vengono meno gli obblighi di custodia e di liberamento emanati dal giudice.

Qualora vi trovaste nella situazione in cui avete ricevuto il pignoramento della prima casa ma in presenza di più creditori, tra cui anche l’Agenzia delle Entrate, sarebbe conveniente trovare un accordo con tutti i creditori diversi dall’Agenzia, e qualora quest’ultima rimanesse come unico creditore, approfittare dei benefici che riguardano il pignoramento immobiliare della prima casa.

 

Opporsi con l’autorizzazione del giudice dimostrando l’infondatezza delle ragioni del creditore.

Nel caso in cui si contesti la validità del titolo esecutivo, del pignoramento o delle modalità dell’esecuzione immobiliare, nella procedura di pignoramento si può introdurre una fase di accertamento che sospende l’esecuzione e decide in merito alla controversia. A seconda della fase in cui si trova la espropriazione immobiliare, questo “sub procedimento” assume i diversi nomi di opposizione all’esecuzione, opposizione agli atti esecutivi, opposizione di terzo all’esecuzione. Si inizia sempre con ricorso al Giudice dell’Esecuzione che, valutati gli atti, decide sul prosieguo o meno del pignoramento e ne dispone nel caso la sospensione; trasmette il fascicolo ad altro giudice per la decisione sulla opposizione.

Su questa materia è adesso intervenuta la Suprema Corte di Cassazione con una recente sentenza (Cass. Civ. SS.UU. n. 9479 del 6.4.2023 di cui abbiamo già parlato qui e qui) che ha ripreso una pronuncia del 17.5.2022 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-600/2019, cause riunite, fra cui C-831/2019 riguardo ad un ricorso per un caso italiano) che rende più difficile procedere al pignoramento immobiliare da parte del creditore, ad es. banca, società finanziaria; in questo senso, il debitore può opporsi al pignoramento anche quando non ha contestato il titolo e questo è divenuto definitivo e, quindi, “esecutivo”.

I requisiti per poter procedere sono tre:

  1. il debitore deve essere un consumatore;
  2. il contratto con la banca/società deve contenere almeno una clausola vessatoria;
  3. il bene immobile non deve essere stato già messo all’asta giudiziaria e questa non deve essersi conclusa con l’assegnazione dell’immobile all’aggiudicatario.

Il creditore, pertanto, deve a sua volta rispettare le modalità ed i tempi del pignoramento dell’immobile e il Giudice dell’Esecuzione deve verificare il contratto di credito e l’eventuale presenza di clausole vessatorie.

Queste regole valgono anche nel caso di pignoramento di altri beni, mobili, crediti o somme di danaro, perché come detto, la pronuncia di un anno fa della Corte di Giustizia Unione Europea, attivata adesso anche nell’ordinamento nazionale ha generalizzato l’applicabilità di queste norme a tutte le forme di pignoramento, e afferma che se il contratto stipulato tra banca e cliente contiene clausole abusive, il debitore può fare opposizione anche se è già in corso la procedura di pignoramento.

Secondo le norme europee, sono clausole abusive quelle che squilibrano il rapporto a favore dell’Ente creditizio venendo meno ai principi di buona fede ed equità. Ad es.: – esclusione o limite alla responsabilità della banca se il consumatore muore o subisce lesioni per un atto o omissione dell’Istituto di credito; – risarcimento unilaterale per annullamento, che permette alla banca di trattenere gli anticipi se il consumatore annulla il contratto; – risarcimento per inadempimento contrattuale da parte della banca; – annullamento con breve preavviso, che permette alla banca di risolvere entro breve termine un contratto senza un termine fisso di scadenza; – clausole occulte, che rappresentano un vincolo per i clienti pur se non erano chiaramente espresse prima della firma del contratto; – annullamento del contratto unilaterale a specifiche condizioni ed in determinati casi; – modifiche unilaterali del contratto che permettono alla banca di modificare il contratto unilateralmente senza giustificare la scelta; – proroghe automatiche dei contratti a tempo determinato, per cui il cliente deve comunicare obbligatoriamente prima della scadenza la volontà di risoluzione contrattuale per evitare la proroga automatica.

 

Fase monitoria

Il giudice del monitorio: a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia; b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione: b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore; b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione; c) all’esito del controllo: c.1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso; c.2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione; c.3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

 

Fase esecutiva

Il giudice dell’esecuzione: a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo; b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine; c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo; d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito; (ulteriori evenienze) e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii); f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.

 

Fase di cognizione

Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.: a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale; b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.».

 

Cancellare un pignoramento dell’Agenzia delle Entrate

Chiaramente quanto detto finora riguarda specificatamente casi di pignoramento effettuati da enti privati. Vediamo ora cosa fare in caso di pignoramenti attivati dell’Agenzia delle Entrate.

Questo evento si verifica abbastanza raramente e solitamente riguarda solo:

  • gli immobili successivi alla prima casa;
  • debiti superiori a 120.000 euro.

In questo caso per richiedere la cancellazione del pignoramento si dovranno pagare l’imposta ipotecaria, l’imposta di bollo e la tassa ipotecaria per un totale di 294 euro e per cancellare alcune annotazioni (come domande giudiziali, atti dichiarati nulli, annullati, risolti, rescissi e revocati) sarà poi necessario rispettare i 30 giorni dalla data dell’atto di rifermento.

È sempre bene in tali casi affidarsi ad un professionista preparato e competente per la valutazione preliminare dei requisiti necessari alla proposizione di un giudizio di opposizione, per non incorrere successivamente in un giudizio inutile, non fondato e dai costi rilevanti.

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