In caso di inversione di marcia, nelle ipotesi espressamente vietate dalla Legge, il guidatore oltre alla sanzione pecuniaria, compresa tra 2046 e 8186 euro ed al fermo amministrativo per un periodo di tre mesi, è punito anche con la sanzione accessoria della revoca della patente di guida.
Quest’ultima, può essere inflitta anche a distanza di 5 anni dalla violazione, lo precisa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11792 del 2023 (in calce).
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Che cos’è l’inversione di marcia e quando è vietata dalla Legge?
L’inversione di marcia è una manovra che consente al conducente di invertire il verso di marcia sulla strada sulla quale sta circolando.
Si tratta di una manovra potenzialmente pericolosa, tant’è che il Codice della Strada la vieta esplicitamente in alcune situazioni:
- quando si deve oltrepassare la linea continua longitudinale sulla carreggiata;
- in corrispondenza e in prossimità di tratti di strada che si immettono in intersezioni o biforcazioni;
- in prossimità e in corrispondenza d’intersezioni, curve, dossi;
- in caso di scarsa visibilità;
- sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali;
- ovunque sia vietato dalla segnaletica;
- sulle strade a senso unico di circolazione.
Quando è consentita l’inversione di marcia?
Al di fuori delle situazioni sopra elencate, l’inversione di marcia è consentita dando sempre la precedenza a ogni altro veicolo che sopraggiunge da tergo o davanti.
E’ bene, quindi, eseguire l’inversione di marcia in un punto particolarmente favorevole della strada onde effettuarla in piena sicurezza e non costituire alcun pericolo o intralcio alla circolazione, lontano da curve, intersezioni o dossi.
La vicenda
Un automobilista, in primo grado, si vedeva annullata la sanzione accessoria della revoca della patente, disciplinata dall’art. 176 Codice della Strada.
Ricorre in Appello la Prefettura, impugnando la sentenza emessa in I grado dal Giudice di Pace.
Il Tribunale, riformando integralmente la prima decisione, precisava che l’automobilista, sanzionato per aver circolato su strada extraurbana in senso di marcia vietato, aveva impugnato tanto l’ordinanza ingiunzione, -confermata dal Giudice di Pace- che la sanzione accessoria della revoca della patente, dolendosi unicamente del fatto che tale revoca era stata adottata ben oltre il termine fissato dall’art. 2 L. 241/1990, pari a gg. 90 dalla contestazione.
Dunque, ricordava il Tribunale, che l’art. 219, comma 2, Cds non prescrive alcun termine per la notifica del provvedimento di revoca della patente e che, pertanto, l’Amministrazione non era decaduta dall’esercizio del potere sanzionatorio.
L’automobilista non ci sta e adisce la Cassazione denunciando che la revoca era stata disposta ben due anni dopo la violazione principale, e dunque, oltre un termine ragionevole, non potendosi rimettere alla discrezionalità dell’Amministrazione la scelta dei tempi di applicazione delle sanzioni, siano esse principali o anche solo accessorie.
La decisione della Cassazione sull’inversione di marcia
Per gli Ermellini il motivo del ricorso presentato dal ricorrente è inammissibile.
Precisa, infatti, la Suprema Corte che, il procedimento per l’adozione della misura accessoria è autonomamente disciplinato dal successivo art. 219 Cds, il quale prevede che l’Organo, l’Ufficio o il Comando, che accerta l’esistenza di una delle condizioni per le quali la Legge prevede la revoca della patente di guida, entro i cinque giorni successivi, ne dà comunicazione al Prefetto del luogo della commessa violazione.
Questi, previo accertamento delle condizioni di legge, emette l’ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla Prefettura, anche tramite l’organo di Polizia incaricato dell’esecuzione. Dell’ordinanza si dà comunicazione al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri.
La Corte ribadisce, quindi, che secondo il costante orientamento della Giurisprudenza di Legittimità, la revoca può essere autonomamente adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione – ossia nel rispetto del termine di prescrizione – non essendo imposti termini di decadenza (previsti invece per l’applicazione della sanzione principale) e ciò anche in caso di contestazione differita o di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli Organi Accertatori, essendosi ripetutamente esclusa l’applicazione del diverso termine di conclusione dei procedimenti amministrativi di cui alla L. 241/1990, sull’assunto che la disciplina delle sanzioni amministrative è integralmente contenuta nella L. 689/1981.
Commento
La richiamate decisione è giuridicamente impeccabile in ordine alle statuizioni in essa contenute attesa l’assoluta conformità alla normativa in materia, tuttavia, a parere della scrivente, è auspicabile un intervento legislativo volto a coordinare il testo sanzionatorio disciplinato dal Codice della Strada con la L. 241/1990 che pone un freno ed un limite temporale all’Organo Prefettizio investito del potere sanzionatorio.