Respinto ricorso di Tim sulle spese di disattivazione dell’utenza telefonica

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Cassazione Civile sez. VI-3, ordinanza 29 marzo 2022, n. 10039

 

 

Sulla vicenda processuale

Un utente cita innanzi al Giudice di Pace l’operatore telefonico Tim, lamentando l’illegittimo addebito della somma di € 35,18 a titolo di spese di disattivazione dell’utenza.

Il Giudice di Pace e poi il Tribunale in appello accolgono la domanda dell’utente, evidenziando che con lo stesso non è intercorso un contratto scritto in grado di renderlo edotto delle condizioni generali di contratto, condannando la compagnia a restituire l’importo di 35,18 euro poiché “nessuna clausola contrattuale sottoscritta dall’appellata autorizzava la società a riscuotere detta somma.”

 

Sulle spese di disattivazione contratto telefonico

Le spese per il recesso anticipato dal contratto telefonico non sono più dovute (come previsto dal cd. decreto Bersani 7/2007), fatte salve le spese giustificate dai costi dell’operatore che in ogni caso “sono commisurate al valore del contratto e ai costi reali sopportati dall’azienda, ovvero ai costi sostenuti per dismettere la linea telefonica o trasferire il servizio, e comunque rese note al consumatore al momento della pubblicizzazione dell’offerta e in fase di sottoscrizione del contratto, nonché comunicate, in via generale, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, esplicitando analiticamente la composizione di ciascuna voce e la rispettiva giustificazione economica.

 

Sul ricorso di Tim

Nel ricorrere in Cassazione la compagnia telefonica articolato motivo di doglianza evidenziando che il ricorso dell’utente è stato accolto sul presupposto della pattuizione di una clausola di autorizzazione per l’addebito dei costi di disattivazione, tale clausola però, come è emerso incontestabilmente, non è mai stata sottoscritta. “L’errore della sentenza consisterebbe nell’aver preteso, ai fini della sua efficacia, la sottoscrizione della clausola delle Condizioni generali di contratto che prevedeva l’addebito delle spese di disattivazione: il che avrebbe richiesto la stipulazione per iscritto del contratto di utenza telefonica non imposta né ai fini della validità, ma neppure ai fini della prova“.

La compagnia osserva, sempre in relazione alle condizioni del contratto, che non spetta all’operatore accertare che l’utente abbia conoscenza o conoscibilità del contratto. Spetta a quest’ultimo conoscere le condizioni generali del contratto che accetta, tanto più che le stesse sono reperibili facilmente sul sito ufficiale della compagnia. La ricorrente sottolinea inoltre che non vi è stata trattativa contrattuale, che il contratto di specie è di adesione, che la clausola che prevedeva il pagamento per la disattivazione non doveva essere approvata per iscritto perché non vessatoria, e che le spese richieste per la disattivazione avevano, per così dire, ricevuto l’approvazione anche dell’AGCOM.

 

Conclusioni della Cassazione

Conclude la Corte per l’inammissibilità del ricorso di Tim, motivando: “La memoria di TIM, pur corposa, non contiene, infatti, argomenti che giustifichino il raggiungimento di una conclusione diversa, perché ripropone, senza approfondimenti conducenti, gli stessi ragionamenti del ricorso, perseverando nel tentativo di spostare il focus delle questioni rispetto a quelle su cui si è incentrato l’iter logico-argomentativo della sentenza impugnata”, condannandola altresì ex art. 96, comma 3, c.p.c..

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